Jean Hubert Martin
Arte, religione e antropologia
CONFERENZA
12 Luglio 2003
Spazio Culturale Antonio Ratti
Parlando dei lavori di alcuni degli artisti inclusi in Les Magiciens de la Terre, mostra dell’89 passata alla storia per aver messo artisti non-occidentali allo stesso livello dei grandi maestri europei e americani, Jean-Hubert Martin affronta alcune tematiche legate alle civiltà senza scrittura e all’interculturalità. Dal suo discorso ciò che emerge è in realtà un ritratto dell’Occidente, restio a perdere la propria supremazia culturale (oltre che economica e politica) e recidivo nel proclamare l’autonomia dell’arte dai contesti e dai rapporti di potere. In risposta ad una dannosa ipergeneralizzazione che spinge l’Occidente a contrapporsi ad un generico “Altro” sottosviluppato e dipendente dal primo, gli artisti di cui parla (tra gli altri, Huang Yong Ping, Chéri Samba, Fredéric Bouly-Bouabré e David Malangi) rivendicano le specificità dei propri contesti di appartenenza e le differenze nelle modalità di produrre e percepire l’arte. Interfacciandosi ai loro lavori, il pubblico occidentale ha la possibilità di comprendere a fondo come le culture siano frammentate e leggibili attraverso coordinate spaziali, più che temporali.
Jean-Hubert Martin (Strasburgo, 1944) è un curatore, critico e storico dell’arte francese. Il suo interesse per l’arte contemporanea va di pari passo con il tentativo di creare dei legami tra le culture, ed è infatti stato tra i primi a occuparsi di arte non-occidentale, presentandola non più come fenomeno di folklore e sullo stesso piano dell’arte occidentale. Ha diretto il Centre Georges Pompidou di Parigi, la Kunsthalle di Berna, del Museum Kunstpalast di Düsseldorf e del PAC di Milano. La sua mostra più famosa, Les Magiciens de la Terre del 1989, rimane uno dei riferimenti imprescindibili delle ricerche curatoriali degli ultimi trent’anni.